Vittima di un sinistro stradale: rimane assente a lungo e perde il lavoro. Come accertare il danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno

Preso in esame il caso di una donna che lavorava, all’epoca dell’incidente, alle dipendenze di una ditta di pulizie, e che non solo fu licenziata, a causa del protrarsi della convalescenza e del superamento del periodo di comporto, ma che, soprattutto, a causa dei postumi permanenti (limitazione articolare dell’arto superiore sinistro), non poté più attendere al medesimo lavoro svolto prima dell’infortunio

Vittima di un sinistro stradale: rimane assente a lungo e perde il lavoro. Come accertare il danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno

L’accertamento del danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno, conseguente a lesioni personali, patito da un soggetto già percettore di reddito, deve avvenire: accertando l’entità dei postumi permanenti; accertando la compatibilità tra i postumi e l’impegno fisico o psichico richiesto dalle mansioni svolte dalla vittima; valutando se l’eventuale incompatibilità tra postumi e mansioni comporti, in atto od in potenza, una presumibile riduzione patrimoniale.
Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 16604 del 20 giugno 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame l’istanza risarcitoria avanzata da una donna che, rimasta vittima d’un sinistro stradale che le provocò, tra le altre lesioni, una frattura dell’omero, si assentò dal lavoro a lungo, con conseguente licenziamento per superamento del periodo di comporto contrattualmente previsto.
Più nello specifico, la donna ha precisato di lavorare, all’epoca dell’incidente, alle dipendenze di una ditta di pulizie, e che non solo fu licenziata, a causa del protrarsi della convalescenza e del superamento del periodo di comporto, ma che, soprattutto, a causa dei postumi permanenti (limitazione articolare dell’arto superiore sinistro), non poté più attendere al medesimo lavoro svolto prima dell’infortunio.
Consequenziale, quindi, la richiesta di ristoro economico per il danno da lucro cessante rappresentato sia dalla perdita del lavoro svolto in precedenza, sia dalla ridotta possibilità di trovare un lavoro in futuro.
Per i magistrati di Cassazione l’istanza avanzata dalla donna ha un solido fondamento. Sul quantum del risarcimento dovranno pronunciarsi nuovamente i giudici d’Appello, tenendo presenti però i principi ulteriori fissati in terzo grado.
A questo proposito, i magistrati di Cassazione premettono che, sebbene il danno da lucro cessante causato dall’incapacità di lavoro possa dimostrarsi anche col ricorso alle presunzioni semplici, deve escludersi ogni automatismo tra il grado percentuale di invalidità permanente e l’esistenza del suddetto danno.
Detto ciò, però, la circostanza che la vittima di lesioni personali, licenziata a causa del superamento del periodo di comporto, non dimostri di avere cercato un altro lavoro che le garantisse un pari livello di reddito non è di per sé d’ostacolo alla liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante. In questa ottica, però, ogni persona, anche se disabile, ha il dovere, come sancito dalla Costituzione, di attivarsi per trovare un’occupazione. Pertanto nella liquidazione del danno patrimoniale da perdita del reddito da lavoro, provocata da lesioni personali, è doveroso tenere conto della possibilità per il danneggiato di reimpiegare le residue forze in altro lavoro confacente alle sue attitudini. E chi ha perduto il lavoro in conseguenza d’un infortunio, ma non si attivi per cercarne un altro confacente e compatibile con le sue condizioni di salute, tiene una condotta aggravativa del danno, e di questo dettaglio il giudice deve tenere conto.
Infine, nella liquidazione del danno da perdita del reddito in conseguenza di lesioni personali, il giudice di merito deve dapprima accertare e stimare il danno patrimoniale nella sua interezza, e solo dopo procedere alle opportune variazioni equitative, per tenere conto della possibilità per la vittima di reimpiegare utilmente le residue forze industri. Non è invece consentito rigettare la domanda senza compiere il suddetto accertamento, sol perché la vittima non abbia dimostrato di avere vanamente cercato un nuovo lavoro.

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