Pedone investito e ucciso: conducente colpevole per la svolta imprudente
Impossibile, secondo i giudici, ridimensionare la condotta tenuta da un anziano automobilista. Irrilevante, in questa ottica, il riferimento difensivo alla velocità moderata tenuta in occasione del drammatico episodio

La velocità moderata tenuta dall’automobilista non può ridimensionare la gravità della condotta da lui tenuta e che ha portato alla morte di una persona. Questa la chiave di lettura adottata dai giudici (sentenza numero 18439 del 16 maggio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame un drammatico episodio verificatosi in una strada cittadina della provincia calabrese.
A finire sotto processo è un uomo, di quasi 80 anni, all’epoca. A lui viene contestato il reato di omicidio stradale, commesso, secondo l’accusa, per colpa generica e in violazione del Codice della Strada, perché ad un incrocio ha svoltato a sinistra senza dare la precedenza ad un pedone – una donna – che stava regolarmente attraversando sulle strisce pedonali in prossimità del semaforo e l’ha colpito così all’altezza del bacino e degli arti inferiori con la parte centrale del cofano anteriore, procurando le lesioni che, a distanza di alcune settimane, ne hanno determinato il decesso.
Per i giudici di merito non ci sono dubbi: la visione proposta dall’accusa è corretta e, quindi, l’automobilista va condannato per omicidio stradale.
Nel contesto della Cassazione, però, la difesa prova a ridimensionare gli addebiti a carico dell’automobilista. Ciò grazie ad alcuni dettagli: primo, il semaforo era posto più a valle rispetto alle strisce pedonali e, quindi, i pedoni non erano garantiti dal sistema semaforico pedonale, perciò spettava alla persona offesa porre adeguata attenzione nell’attraversare la strada, del tutto incauta essendo stata, invece, la sua condotta; secondo, la corresponsabilità della vittima e la moderata velocità tenuta, anche in ragione dell’età avanzata, dall’automobilista; terzo, la circostanza che all’automobilista non è stata elevata alcuna contravvenzione per eccesso di velocità; quarto, nella svolta, il conducente aveva attivato l’indicatore di direzione, a dimostrazione di un comportamento rispettoso delle norme del Codice della Strada.
Prima di esaminare lo specifico episodio, però, i magistrati di Cassazione richiamano il principio fissato dal Codice della Strada, principio secondo cui vi è l’obbligo di comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione e in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale.
Con specifico riferimento, poi, al comportamento da tenere nei confronti dei pedoni, vi è una precisa regola prudenziale e cautelare fondamentale che deve presiedere al comportamento del conducente, sintetizzata nell’obbligo di attenzione che egli deve tenere al fine di avvistare il pedone, sì da potere porre efficacemente in essere i necessari accorgimenti atti a prevenire il rischio di un investimento.
In generale, poi, il dovere di attenzione del conducente, teso all’avvistamento del pedone, trova il suo parametro di riferimento (oltre che nelle regole di comune e generale prudenza) nel richiamato principio generale di cautela che informa la circolazione stradale e si sostanzia, essenzialmente, in tre obblighi comportamentali: quello di ispezionare la strada dove si procede o che si sta per impegnare; quello di mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico; quello, infine, di prevedere tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada, tra questi in particolare i pedoni.
In sostanza, in tema di violazione stradale, il conducente di un veicolo è tenuto a vigilare al fine di avvistare il pedone, implicando il relativo avvistamento la percezione di una situazione di pericolo, in presenza della quale il conducente è tenuto a porre in essere una serie di accorgimenti (in particolare, moderare la velocità e, all’occorrenza, arrestare la marcia del veicolo) al fine di prevenire il rischio di un investimento. Da ciò consegue che, nel caso di investimento di un pedone, perché possa essere affermata la colpa esclusiva di costui per le lesioni subite o per la morte, rileva la sua avvistabilità da parte del conducente del veicolo investitore. È cioè necessario che quest’ultimo si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido ed inatteso. Occorre, inoltre, che nessuna infrazione alle norme della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel comportamento del conducente del veicolo. Specifici obblighi comportamentali posti a carico del conducente sono finalizzati anche a prevenire eventuali comportamenti irregolari dello stesso pedone, che siano genericamente imprudenti (tipico il caso del pedone che si attarda nell’attraversamento, quando il semaforo, divenuto ‘verde’, ormai consente la marcia degli automobilisti), o che siano violativi degli obblighi comportamentali specifici, come l’attraversamento della carreggiata al di fuori degli appositi attraversamenti pedonali o passando anteriormente ad autobus, filoveicoli e tram in sosta alle fermate. Poi, il conducente ha, tra gli altri, anche l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli altri utenti della strada e di cercare di prepararsi a superarle senza danno altrui. Ne discende che il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o violativo di una specifica regola comportamentale) del pedone (una tale condotta risulterebbe concausa dell’evento lesivo, penalmente non rilevante per escludere la responsabilità del conducente), ma occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento.
Per essere ancora più precisi, può escludersi la colpevolezza dell’automobilista solo quando quest’ultimo si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile. Solo in tal caso, invero, l’incidente può eziologicamente ricondursi esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del conducente ed operante in assoluta autonomia rispetto ad essa.
Applicando queste prospettive all’episodio oggetto del processo, è evidente la colpevolezza
dell’automobilista, sanciscono i magistrati.
Decisiva la ricostruzione della dinamica dell’incidente mortale, ricostruzione effettuata grazie alle immagini, di assoluto nitore, estratte dall’impianto di videosorveglianza in uso alla Questura. Detto impianto, posto a monitorare l’incrocio scenario dell’investimento, ha ripreso frontalmente e per intero il sinistro, corroborando le ipotesi avanzate dalla polizia giudiziaria, inizialmente formulate solo sulla base dei rilievi eseguiti subito dopo il sinistro. In sostanza, è provato che, nello svoltare a sinistra, rispettando il segnale ‘verde’ del semaforo, l’automobilista non abbia concesso, come avrebbe dovuto, la precedenza al pedone che stava regolarmente attraversando sulle strisce pedonali in prossimità del semaforo.
In quei frangenti nulla impediva all’automobilista di vedere la donna e, dunque, di comportarsi in modo conforme alle specifiche norme cautelari previste in tali casi» mentre «dal video si coglie, senza ombra di dubbio, come il conducente non abbia neanche accennato a rallentare la propria andatura o a frenare, così investendo in pieno la donna.
Impossibile, secondo i magistrati, ipotizzare un comportamento negligente o imprudente della vittima risulta, come certificato dalle immagini del video, aver usato ogni esigibile accorgimento prima di attraversare la strada sulle strisce pedonali, avendo atteso lo spegnimento del semaforo rosso, mentre l’automobilista ha violato le norme cautelari, avendo altresì impegnato l’incrocio oltre la linea di mezzeria e dunque parzialmente contromano ed avendo effettuato la manovra senza il dovuto rallentamento.