Pagamento di debiti del fallito: revocatoria possibile anche se è stato effettuato da un soggetto terzo

Non può ritenersi regolare atto estintivo del debito pecuniario il pagamento eseguito da un soggetto terzo, su ordine o indicazione del debitore delegante, poi fallito, con denaro di quest’ultimo

Pagamento di debiti del fallito: revocatoria possibile anche se è stato effettuato da un soggetto terzo

In materia di revocatoria fallimentare, la normalità dell’atto estintivo di un debito pecuniario corrisponde a un dato oggettivo, da valutarsi alla stregua del solo fatto che il mezzo di pagamento utilizzato rientra tra quelli comunemente accettati nella pratica commerciale in sostituzione del denaro. Ragionando in questa ottica, di conseguenza, non può certamente ritenersi regolare atto estintivo del debito pecuniario il pagamento eseguito da un soggetto terzo, su ordine o indicazione del debitore delegante, poi fallito, con denaro di quest’ultimo, non rilevando, per contro, la convinzione del creditore circa l’utilizzazione da parte del solvens di denaro proprio. Questi i chiarimenti forniti dai giudici (ordinanza numero 30254 del 25 novembre 2024 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo ai pagamenti di alcune fatture, pagamenti effettuati non dalla società acquirente – poi dichiarata fallita – ma da un’altra società, debitrice per altri titoli nei confronti della società acquirente. In generale, comunque, il pagamento di debiti del fallito è assoggettabile a revocatoria fallimentare anche nel caso in cui sia stato effettuato da un soggetto terzo, a condizione, però, che quest’ultimo abbia pagato il debito con danaro dell’imprenditore poi fallito, ovvero, in alternativa, abbia pagato con danaro proprio ma esercitando, dopo aver pagato e prima dell’apertura del concorso, l’azione di rivalsa, ribadiscono i giudici. A tale schema è riconducibile anche la delegazione di pagamento, nel cui ambito, difatti, il terzo provvede all’estinzione di un debito del delegante in adempimento di un ordine impartitogli dallo stesso delegante o di un’autorizzazione conferitagli, non solo nel caso in cui la relativa provvista sia stata messa a disposizione dal debitore ma anche quando, come nella vicenda in esame, l’importo pagato sia stato anticipato dal delegato ove quest’ultimo abbia proceduto al recupero prima dell’apertura del fallimento. In tal caso, poi, all’estinzione dell’obbligazione nei confronti del creditore fa riscontro l’insorgenza di un debito corrispondente nei confronti del delegato, il quale viene a trovarsi nella medesima situazione in cui si trovava l’accipiens, con la conseguenza che il recupero della somma intervenuto prima dell’apertura del fallimento si traduce ugualmente in un depauperamento del patrimonio del fallito, in violazione della regola della par condicio creditorum. La delegazione di pagamento costituisce, peraltro, uno strumento solutorio a carattere anomalo, potendosi qualificare come mezzi normali di pagamento diversi dal denaro, ai fini dell’esperibilità dell’azione di revoca degli atti estintivi di debiti pecuniari (scaduti ed esigibili) non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anto anteriore alla dichiarazione di fallimento, soltanto quelli comunemente accettati, nella pratica commerciale in uso in un dato periodo di tempo e in una determinata zona di mercato, in sostituzione del denaro, come gli assegni circolari e bancari ed i vaglia cambiari, rilevando unicamente il dato oggettivo concernente le caratteristiche del mezzo utilizzato.

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