A casa per tre giorni l’operaio che modifica la propria postazione di lavoro

Ci si trova, secondo i giudici, di fronte ad una condotta idonea a causare pregiudizio alla disciplina e alla sicurezza dello stabilimento aziendale

A casa per tre giorni l’operaio che modifica la propria postazione di lavoro

Sacrosanta la sospensione (dal lavoro e dalla retribuzione) dell’operaia che ha modificato senza alcuna autorizzazione la propria postazione. Ciò perché, spiegano i giudici (ordinanza numero 22011 del 5 agosto 2024 della Cassazione), così facendo ha tenuto una condotta idonea a causare pregiudizio alla disciplina e alla sicurezza dello stabilimento aziendale. Per meglio inquadrare la questione, i giudici fissano un punto fermo: la modifica arbitraria e non autorizzata di un macchinario inserito nel ciclo produttivo, da parte di un lavoratore esperto, costituisce una violazione della normativa relativa alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, e ciò indipendentemente dalla conoscenza specifica della norma o dalla formazione ricevuta sull'uso del macchinario. Ragionando in tale ottica, la normativa sancisce anche gli obblighi dei lavoratori, i quali, debbono, tra l’altro: contribuire, insieme al datore di lavoro, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro ai fini della protezione collettiva ed individuale; utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza; utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione; segnalare immediatamente al datore di lavoro le deficienze dei mezzi e dei dispositivi, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità; eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo; non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori. Tornando all’episodio che ha dato il ‘la’ alla reazione dell’azienda, è inequivocabile la condotta tenuta dall’operaio, il quale, con un’anzianità di servizio ultraventennale, ha arbitrariamente, e senza consultare nessuno, modificato in maniera sostanziale l’assetto del macchinario a cui doveva lavorare nell’ambito di una linea di produzione a ciclo continuo – omologata in tutte le sue caratteristiche – e quindi non modificabile. Nello specifico, l’operaio ha ricollegato in posizione diversa il pedale della macchina operatrice, girato il carrello di centottanta gradi e posizionato il quadro di comando davanti a sé. Irrilevante la mancata formazione sull’uso del macchinario, poiché tale presunta lacuna, addebitabile all’azienda, non è comunque idonea, chiosano i giudici, a giustificare la alterazione e la modifica apportata di propria iniziativa e senza autorizzazione al macchinario.

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